25 settembre 2006
Confcommercio, Una tangente da 50 milioni
La confessione di Stefano Ricucci rivela le mazzette nella vendita del patrimonio Enasarco. Arresti domiciliari per Stefano Billè, ex presidente di Confcommercio, indagato il figlio
di Raffaello Masci, da «La Stampa » del 23 settembre 2006
Da ieri mattina l’ex presidente di Confcommercio Sergio Billè è agli arresti domiciliari su disposizione del Gip di Roma Sante Spinaci (che ha respinto gli arresti in carcere chiesti dai pm). Identica sorte è toccata al presidente di Enasarco, Donato Porreca e al suo collaboratore Fulvio Gismondi. Tra gli indagati anche il figlio di Billè, Andrea.
A incastrare l’ex leader dei commercianti e i vertici di Enasarco è stata una deposizione di Stefano Ricucci rilasciata quando era a Regina Coeli l’estate scorsa: «Avrei dovuto pagare una tangente di 50/60 milioni di euro - ha detto l’immobiliarista - anticipandone 3 milioni: il 40 per cento andava a Billè, un altro 40 per cento al presidente di Enasarco, Donato Porreca e il restante 20 al suo collaboratore Fulvio Gismondi. L'obiettivo era vincere la gara per la gestione degli immobili Enasarco».
L’affare in cui Ricucci voleva inserirsi era immenso. Enasarco è l’ente previdenziale degli agenti e dei rappresentanti di commercio e, come tutti gli enti consimili, dispone di un patrimonio immobiliare che faccia da garanzia ai contributi dei 300 mila iscritti e alle 100 mila pensionati.
Nel gennaio del 2005 - secondo la ricostruzione dei pm Giuseppe Cascini, Rodolfo Sabelli e Giuseppe De Falco - l'ente previdenziale annunciò di voler «valorizzare» i suoi immobili: venderne una parte, adeguarne gli affitti, riposizionarne un'ulteriore quota sul mercato. Il business riguardava un patrimonio che si aggira sui 3,2 miliardi di euro.
Tra le cordate che si presentarono per l’appalto nel marzo dello stesso anno, una era composta dalla Magiste di Stefano Ricucci, dall'allora Banca Popolare di Lodi di Giampiero Fiorani (oggi Banca Popolare Italiana) e dalla Deutsche Bank.
Secondo la procura, la cordata capeggiata da Ricucci, mesi prima del bando per l'assegnazione della gara, avrebbe avuto informazioni decisive per potersi aggiudicare l’appalto, sbaragliando la concorrenza, costituita da banche d’affari, da Pirelli Re e da altri colossi del settore immobiliare. Al «favore» accordato avrebbe dovuto - beninteso - corrispondere la lauta ricompensa, ripartita secondo le percentuali che lo stesso Ricucci ha illustrato ai magistrati. Billè però, in questa fase, compie un gesto di generosità - destinato a rivelarsi avvelenato - nei confronti del figlio Andrea: chiede a Ricucci che la sua quota di «ricompensa», venga convertita nel 20% della Magiste e assegnata al figlio. Andrea oggi è accusato di corruzione e, secondo il magistrato, sarebbe così entrato a far parte di quel «pactum sceleris» di cui gli altri imputati erano già protagonisti.
Il business, però, non va a buon fine. Nel maggio dello stesso anno, per una sopravvenuta inconciliabilità tra Ricucci e l'istituto di credito tedesco, la cordata è costretta a ritirarsi dalla gara.
L'immobiliarista romano però, secondo gli inquirenti, aveva già versato un acconto di 3 milioni di euro agli imputati e di questo versamento i magistrati hanno poi trovato traccia in un conto bancario a Singapore, che era nella disponibilità del presidente di Enasarco, Porraca. Quindi, poiché i patti (anche se fraudolenti) vanno rispettati, i vertici di Enasarco decidono di annullare la gara nel luglio 2005, proprio per permettere a Ricucci di ripresentarsi in un momento successivo e con altri partners. Ma le inchieste giudiziarie sulle scalate bancarie dell'estate scorsa bloccano però tutta l'operazione.
Confcommercio, la massima organizzazione imprenditoriale italiana per numero di iscritti, di cui Billè è stato presidente, in tutto questo, formalmente, non c’entra. Tant’è che sia il presidente Sangalli che i vicepresidenti Bocca e Barberini ieri non hanno voluto commentare. Con Enasarco c’è solo un rapporto di lontana parentela, dovuta al fatto che gli agenti di commercio (in gran parte iscritti alla Fnaarc aderente a Confcommercio) sono anche iscritti a Enasarco come contribuenti previdenziali. Tuttavia tra Billè, ai tempi della sua presidenza, e Porraca c’era grande amicizia personale.
«Ma tutto questo è difficile da spiegare al grande pubblico - dice il presidente di Confcommercio-Roma, Cesare Pambianchi - e le vicende personali dell’ex presidente Billè continuano a riverberare una luce negativa su tutta la Confederazione. Noi abbiamo voltato pagina e ci tengo a dire che, in tutta questa storia, se c’entriamo è solo perché siamo parte lesa in termini di immagine e di prestigio».
La difesa degli imputati - per intanto - si appresta a presentare ricorso. |
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