notizia
del 25 ottobre 2005 |
Scandalo Rifiuti |
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Rifiuti, 31 arresti per smaltimento illegale. Coinvolte aziende toscane e politici e burocrati dei comuni di Carrara e di Aulla |
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Condizionavano gli amministratori degli enti pubblici aggiudicandosi appalti per lo smaltimento di rifiuti pericolosi, che poi utilizzavano - anche con la copertura di funzionari pubblici e appartenenti alle forze dell’ordine - come materiali di riempimento in attività di ripristino ambientale. Il tutto con un ricavo per l’organizzazione di oltre 90 milioni di euro in poco più di un anno e con un danno dello stesso ordine di grandezza per le amministrazioni pubbliche che ora dovranno bonificare i siti inquinati.
Al centro dell’inchiesta, coordinata dal pm di Massa Leonardo Tamborini e portata avanti dai carabinieri del Noe, circa 1,2 milioni di tonnellate di rifiuti smaltiti illegalmente. Le indagini hanno avuto uno sbocco operativo ieri con l’operazione 'Sinba' (Siti di interesse nazionale Bonifiche attivate), che si è sviluppata anche in Liguria, Lombardia e Veneto, oltre che in Toscana e che ha portato all’arresto di 31 persone (17 agli arresti domiciliari) delle 68 che risultano indagate. Oltre 400 i militari impiegati, 120 le perquisizioni e 200 i sequestri effettuati.
Oltre che del reato di associazione per delinquere gli arrestati sono indagati a vario titolo anche di disastro ambientale, peculato, corruzione, abuso d' ufficio, falso, truffa, traffico di rifiuti. Fra i lavori di bonifica che l’organizzazione si era aggiudicata - condizionando, secondo gli inquirenti, gli enti appaltanti - anche alcune opere di rilievo nazionale come quello del porto di La Spezia e quello per lo smaltimento dei rifiuti alluvionali di Carrara. In quest'ultimo caso, in particolare, gli investigatori hanno documentato che il bando di gara era stato dettato al telefono all’impresa che poi lo aveva vinto.
I rifiuti raccolti nelle bonifiche venivano smaltiti grazie ad una organizzazione che contava impianti di gestione dei rifiuti e di trasporto, aziende di grandi opere edili e di movimento terra, aziende di produzione di calcestruzzo e perfino due laboratori privati di analisi e consulenza ambientale, uno universitario (dell’ateneo di Milano) e due società di consulenza ambientale. I rifiuti venivano quindi destinati a ripristini ambientali, riempimenti ed altre opere tra cui il riempimento del piazzale del cimitero di Aulla, dello svincolo autostradale di Viareggio e di un piazzale nella città di Massa. Alcuni organi amministrativi avrebbero inoltre coperto le attività illecite fornendo falsi certificati per il trasporto di materiali pericolosi.
Fra gli arrestati - oltre ai titolari delle 21 aziende coinvolte - figurano quattro dipendenti di enti locali, un funzionario dell’Arpat - l’azienda di protezione ambientale della Toscana - (altri due funzionari della stessa azienda sono indagati in stato di libertà), tre carabinieri e un poliziotto, che avrebbero fra l’altro offerto servizi di guida e di scorta in occasione dei trasporti più delicati.
I carabinieri del Nucleo ecologico hanno accertato anche che l’organizzazione in alcune occasioni conosceva anche in anticipo le mosse degli inquirenti. Per esempio, avrebbe saputo in anticipo la decisione della Procura di La Spezia di sequestrare alcune cave di pietra verde. Grazie alla dritta, il materiale inquinato era stato nascosto ed era stata poi predisposta una falsa perizia per ottenerne il dissequestro. Insieme agli arresti e alle perquisizioni, i carabinieri hanno sequestrato 12 aziende, tre grandi opere, un impianto di calcestruzzo, cinque cave, un ripristino ambientale, tre siti di bonifica di interesse nazionale e 170 mezzi per un valore complessivo di 300 milioni di euro.
«Un risultato considerevole, che conferma le capacità investigative del Noe e l'importanza di combattere le eco-mafie con strumenti adeguati, inserendo i reati ambientali nel codice penale». Esprime soddisfazione Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente e deputato della Margherita, per l'operazione del Noe. «Risultati importanti come quello di oggi o quelli che sempre più frequentemente il Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri sta mettendo a segno - afferma in una nota - non sarebbero possibili se non esistesse il reato penale di traffico illecito di rifiuti». La criminalità organizzata, prosegue Realacci, «ha scoperto nell'aggressione all'ambiente un affare d'oro. È necessario perciò accrescere l'azione di contrasto alle eco-mafie, rendendo più efficaci gli strumenti in mano alle forze dell'ordine e alla magistratura». Questo strumento, sottolinea, «è l'introduzione dei reati ambientali nel codice penale. Esiste già una proposta di legge in merito, della quale sono il primo firmatario. E anche una recente sentenza della Corte di Lussemburgo sottolinea l'importanza di dare rilievo penale agli illeciti contro l'ambiente”. Il governo, conclude il parlamentare della Margherita, “dovrebbe occuparsi di problemi che come questo investono il futuro del Paese, piuttosto che monopolizzare l'attività del Parlamento per approvare leggi ad personam”.
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(ANSA, 25 ottobre 2005)
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