Antoniodipietro.org non funziona più. E il colpevole risulta essere Maurizio Bardi, che il primo marzo del 2000 lo aveva registrato e per tre anni lo ha gestito per conto dell'Italia dei Valori, fino a quando le divergenze politiche si sono tramutate in conflitto, con strascichi giudiziari. Il sito web è suo, secondo quanto risulta al registro internazionale dei domini di Internet, ma 1' 11 dicembre scorso il tribunale di Pontremoli stabilisce che ai danni del leader dell'IdV è stato compiuto un illecito tale da causare un danno dell'entità di 500mila euro all'ex pm di Mani Pulite.
PONTREMOLI E L'AMERICA
Bardi è in procinto di presentare appello. L'obiettivo a breve termine è una provvisoria sospensione della sentenza esecutiva che lo condanna a risarcire quella somma. È enorme ma non quanto la richiesta dell'avvocato di Di Pietro, il senatore Felice Belisario, pari a un milione di euro. I legali fiorentini di Bardi, mentre stanno studiando il caso, notano fra l'altro quello che a loro avviso appare come un difetto di giurisdizione. Pontremoli è il luogo di residenza di chi detiene i diritti sul sito, che però è registrato negli Stati Uniti, su un server americano. Perché mai debba decidere un giudice italiano, proprio non se lo sanno spiegare. Fra l'altro, fa notare Bardi, ai tempi del ddl Alfano sulle intercettazioni, proprio da esponenti dell'IdV erano uscite dichiarazioni in cui si ipotizzava di chiedere ospitalità telematica all'Islanda, la cui legislazione garantisce una protezione ai blogger che pubblicano sulla rete segreti militari, giudiziari, societari e di Stato di pubblico interesse. Se lo invocavano anche per le intercettazioni delle quali il governo italiano progettava di impedire la diffusione, perché lo stesso "scudo" garantista non dovrebbe valere quando c'è di mezzo l'ex pm? Eppure, il sito dev'essere preso e consegnato ad Antonio Di Pietro, secondo il dispositivo della sentenza. Bardi se lo vorrebbe tenere per farne una «banca dati sulla corruzione». Gli altri domini, come Idvweb.org, dipietro.it e antoniodipietro.it, li aveva già messi a disposizione del suo ex partito. Ma non basta.
Sembra che dal punto di vista patrimoniale, l'impossibilità di accedere al sito lo abbia reso più povero. Quantificare, del resto, è sempre impresa ardua, particolarmente in una sede giudiziaria disagiata come quella della provincia di Massa Carrara, dove le risorse non sembrano mai rivelarsi sufficienti nemmeno per svolgere le attività di ordinaria amministrazione.
Ne recano testimonianza anche gli archivi del Senato della Repubblica, dove il 13 ottobre e il 3 novembre 2010, anticipando di poche settimane la sentenza favorevole a Di Pietro, il legale dì quest'ultimo, insieme ai colleghi di partito Francesco "Pancho" Pardi e Luigi Li Gotti, presenta due atti di sindacato ispettivo sulla «situazione di emergenza per la perdurante mancanza di organico» di quel tribunale, a causa della quale si «riduce la possibilità per i cittadini di disporre di un servizio efficiente tale da garantire la certezza del diritto». Pare che in zona non circoli che un solo ufficiale giudiziario. E la frequentazione di Pontremoli, dove elegge domicilio presso lo studio degli avvocati Francesco e Mario Bertocchi (coordinatore comunale del Pd), non fa che confermare a Belisario lo stato pietoso in cui versa colà la giustizia.
Non sono soltanto i comuni mortali a patire le conseguenze di tale scandalo, che allunga fino a far finire in prescrizione i processi. Perfino una personalità come Di Pietro, la cui vicenda per inciso si risolve un po' più favorevolmente, riesce a ottenere soddisfazione, in primo grado, soltanto dopo sette anni dall'inizio della causa civile che lo oppone a Bardi.
IL CASO VA AL SENATO
Dopo l'intervento a Palazzo Madama del senatore Belisario, in cui si invocava da parte del Guardasigilli «un'ispezione straordinaria al predetto ufficio notifiche, esecuzioni e protesti di Pontremoli, al fine di verificare i danni conseguiti dalla detta inoperatività contabile, connessa ai relativi danni erariali», le cose sembravano essersi in qualche modo sistemate.
Infatti l'ispezione, disposta dal dicastero di via Arenula, finalmente arriva. Tanto che «risulta agli interroganti», gli stessi tre del 13 ottobre, che «sarebbero state riscontrate numerose oltre che gravi inadempienze, segnatamente di carattere amministrativo-contabile». Non certo per colpa degli operatori del Tribunale, ma per la scarsità di personale. Sarà colpa dei tagli in finanziaria, ma tutto per il momento rimane come prima. Fallito il tentativo di sensibilizzazione del ministero della Giustizia, non resta che stare a vedere se Bardi cederà il suo sito internet a Di Pietro.
Il direttore di Micromega rilancia le accuse: «Tonino razzola male»
ROMA L'Idv sempre più dilaniato dallo scontro sulla questione morale, scatenato dal documento De Magistris-Alfano-Cavalli. Lunedì Antonio Di Pietro aveva risposto piccato alle accuse di Paolo Flores d'Arcais di avere tentato di taroccare il sondaggio di MicroMega sulla lettera degli eurodeputati, sondaggio secondo il quale il 51 % dei lettori sostiene l'esigenza di un cambiamento della classe dirigente del partito. Il direttore della rivista ha respinto le critiche. Dal canto suo Di Pietro non intende portare avanti la querelle. «Basta, non intendo più replicare», ha assicurato. Stessa linea sul merito della sfida di De Magistris: «Non parlo più». L'ultima parola, per ora, l'ha dunque Flores d'Arcais sulla questione morale è tornato ad attaccare Di Pietro. Che ha dichiarato senza mezzi termini: «Si predica bene nella linea politica e si razzola male a livello locale, ma il responsabile di questo razzolar male è Di Pietro che questi gruppi dirigenti ha scelto».
di Andrea Morigi (Libero, 29 dicembre 2010)
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